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Daech e la leggenda di Gilgamesh

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Daech e la leggenda di Gilgamesh

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Analisi, marzo 2015 - Alla fine della vita, Gilgamesh si arrese all’evidenza della propria mortalità. Lui che pretendeva di essere come Dio, comprese che per ottenere la gloria eterna, bisognava realizzare grandi opere umane. Così, a forza di cercare l’immortalità, Gilgamesh trovò infine la saggezza. Ovvio che nessun memoriale sarà mai eretto a ricordo dei tagliatori di teste e dei becchini della Storia come Daech e soci... 





Daech e la leggenda di Gilgamesh

Ahmed Bensaaada
Traduzione: Nicola Quatrano (OSSIN)

“Sto presentando al mondo intero colui che tutto ha veduto,
conosciuto la terra intera, analizzato tutto,
e dovunque esplorato tutto quello che è nascosto”

L’epopea di Gilgamesh


Secondo la leggenda, Gilgamesh era un re terribile, sanguinario e crudele. Mosso dal desiderio di competere con tutti, era spietato coi suoi avversari. Questo sovrano sadico era in definitiva un vile tiranno che provava gusto a opprimere il suo popolo, al punto di abusare di tutte le spose nella prima notte delle loro nozze. Pretendendo di essere come Dio, Gilgamesh ha cercato a lungo l’immortalità, ma invano…


Questa storia, “vera come il fatto che il cielo è abitato dagli uccelli e il mare dai pesci” (1), è giunta a noi dalla notte dei tempi, senza perdere nulla dell’originaria freschezza. La più antica opera letteraria di tutti i tempi, impressa a caratteri cuneiformi su una dozzina di tavolette di argilla.



Tavoletta della versione ninivita della Epopea di Gilgamesh


Questo gioiello della letteratura assira e umana che risale, secondo gli specialisti, al 18° secolo a.C. venne scoperta nel 1853 in una collezione di quasi 25.000 tavolette di argilla, che costituiva la biblioteca del re Sardanapalo (7° secolo a.C.). La scoperta avvenne nel corso di ricerche dirette da Hormuzd Rassam, il più celebre archeologo iracheno, nel sito dell’antica Ninive, alla periferia dell’attuale Mosul. E’ d’altronde in questa città del nord dell’Iraq che è nato Rassam, da una famiglia cristiana di padre iracheno (nato a Mosul) e di madre siriana (nata ad Aleppo). Con una simile ascendenza, Rassam avrebbe potuto essere un perfetto cittadino di Daech (acronimo di “Dawla Islamiya fil Iraq wa Cham”) o, in Italiano, Stato Islamico in Iraq e nel Levante, laddove il Levante (o Cham) corrisponde alla storica “Grande Siria”. A patto però che gli aguzzini di Daech gli avessero fatta salva la vita giacché egli sarebbe stato sicuramente giudicato doppiamente come eretico: per la sua confessione cristiana e, soprattutto, per la passione che nutriva per Ishtar, dea assira.



Hormuzd Rassam (1826-1910)

Le diverse ricerche di Hormuzd Rassam hanno permesso la scoperta di molti altri tesori del genio umano, tra cui il celebre “Cilindro di Ciro” (539 a. C.), considerato come la prima “carta dei diritti dell’uomo”. Nel 1971 questo documento impresso su un cilindro di argilla, è stato tradotto dall’ONU in ognuna delle sue sei lingue ufficiali (2).



Il Cilindro di Ciro


Rassam venne iniziato all’assirologia dall’illustre archeologo inglese Austen Henry Layard, le cui importanti ricerche a Ninive vennero raccontate nelle “Rovine di Ninive” (Nineveh and its Remains, 1849), un vero best-seller dell’epoca. Ricordiamo che questo grande cuneiformista ha fatto risorgere dalla notte dei tempi Nimrud (l’antica Kalhu), città situata a una trentina di chilometri da Mosul. Oltre a inestimabili tesori archeologici, Layard ha anche scoperto la più antica lente ottica mai fabbricata da una mano umana. Questa lente che risale a circa 3000 anni fa venne esaminata dall’eminente fisico scozzese David Brewster. Dopo una analisi minuziosa, il fisico ne fornì una descrizione dettagliata e dichiarò che l’oggetto doveva considerarsi “come destinato ad essere utilizzato come una lente, sia per ingrandire le immagini, che per concentrare i raggi del sole (…) “ (3).



Austen Henry Layard

La lente di Nimrud


Cosa dunque pensare degli atti barbari e “culturicidi” di Daech e della sua accolita di criminali? Si può davvero immaginare la costruzione di un qualsiasi “Stato” sulle macerie delle vestige archeologiche del proprio popolo? O tagliando teste umane o spezzando quelle in pietra? Quelli che intendono far sparire l’immensa cultura assira non si comportano peggio del sanguinario Gilgamesh? La demolizione coi bulldozer del sito di Nimrud o la distruzione delle sculture del museo di Mosul sono qualcosa di più di un semplice indizio di incultura: sono la manifestazione di una visione retrograda dell’essere umano e della sua formidabile creatività. Occorre dirlo: al contrario dell’edificazione, la demolizione non è che appannaggio dei predatori, dei deboli degli insignificanti.


La distruzione delle statue al Museo di Mosul


Questa follia distruttrice che sfida il buon senso è tanto più scioccante, dal momento che si manifesta al centro della “Mezzaluna Fertile” (espressione che designa la zona geografica irrigata dal Giordano, dall’Eufrate, dal Tigre e dal Nilo, ndt), culla della civiltà umana. Vicinissima a quella città di Mosul, da cui venivano importati in Europa quei ricchi tessuti di seta e di oro ai quali Marco Polo diede il nome di “mussola” (proveniente da Mosul) (4).

Mosul, dove è nato l’immenso Ziryab (789-857), uno dei fondatori della musica arabo-andalusa che, ancora giovanissimo, meravigliò il califfo abbaside Haroun Al-Rachid. Intorno all’822, sotto il regno di suo figlio il califfo Al-Mamoun (786-833), Ziryab si recò a Cordova (Andalusia) dove venne accolto con tutti gli onori dall’emiro Abderrahmane II (792-852). Qui istituì il primo Conservatorio di musica d’Europa, rivoluzionò il canto, la musica e anche la moda, l’eleganza e perfino le buone maniere, contribuendo in modo incontestabile allo sviluppo senza precedenti della civiltà arabo-mussulmana nel mondo (5).

Da chi discendono allora questi individui che si sono istallati a Mosul e che hanno spinto l’offesa fino a far saltare con la dinamite la moschea del profeta Younes (AS), che ospita la tomba di questo profeta conosciuto da tutta la gente del Libro (6)?


Daech fa esplodere la tomba del profeta Younes a Mosul ("4 luglio 2014)


Molti osservatori paragonano con ragione queste distruzioni a quelle dei Budda di Bamiyan, perpetrate nel 2001 dai talebani afghani, o a quella dei mausolei mussulmani rasi al suolo nel 2012 a Timbuctu (Mali) dal movimento jihadista Ansar Eddine (7).

E, quel che avrebbe potuto essere peggio, nel 2012, sotto la presidenza di Morsi, affiliato ai Fratelli Mussulmani, Morjan Salem Al-Johary, un leader islamista egiziano, aveva chiesto “la distruzione della Sfinge e delle piramidi di Giza” (8).


Intervista in arabo a Morjan Salem Al-Johary
Prima parte


Seconda parte

E si impongono delle domande: perché le vestigia archeologiche faraoniche sono ancora attualmente in piedi, dal momento che l’Egitto è islamizzato dal 7° secolo? Come mai tutti i leader mussulmani che si sono succeduti al governo dell’Egitto, a cominciare da Amr Ibn Al-As, il primo governatore, hanno salvaguardato questo inestimabile patrimonio dell’umanità?
Secondo Al-Johary (e probabilmente per tutti i jihadisti), la risposta è semplice: le vestigia erano praticamente ricoperte di sabbia e, all’epoca, non esistevano sistemi di distruzione efficaci (sic!). Ciò che è assolutamente falso, nella misura in cui anche se alcune erano effettivamente sepolte nella sabbia, le più importanti erano già visibili, anche solo parzialmente. D’altronde le prime ricerche di piramidi sono attribuite al califfo Al-Mamoun, i cui operai riuscirono a praticare, nell’820, la prima apertura della grande piramide di Cheope, ancora utilizzata ai giorni nostri (9).



L'ingresso "Al-Mamoun" della piramide di Cheope


Aggiungiamo che lo storico, medico e filosofo arabo Abd Al-Latif Al-Bagdadi (1162-1231) è stato autore di una dettagliata descrizione delle vestigia faraoniche. Nell’opera “Rapporto dall’Egitto”, considerata come una delle prime opere di egittologia, egli fornì molti dettagli sulla testa della Sfinge, il cui corpo era all’epoca seppellito nella sabbia (10).

Okasha El Daly, professore di archeologia all’Università di Londra, precisa a proposito di Abd Al-Latif che egli era ben consapevole dell’importanza degli antichi monumenti per lo studio del passato e che egli esprimeva ammirazione per i capi mussulmani, che garantivano la conservazione e la protezione degli artefatti e dei monumenti pre-islamici (11).

Da parte sua, lo storico egiziano Ahmed Al-Makrizi (1364-1442) spiega che la mutilazione attualmente visibile sul volto della Sfinge è dovuta a un fanatico sufita di nome Mohammed Saim Al-Dahr. Questo incidente viene datato da Al-Makrizi nel 780 dell’Egira, vale a dire tra il 30 aprile 1378 e il 18 aprile 1379 (12). Secondo un racconto riportato dallo storico e islamologo tedesco Ulrich Haarmann, Al Dahr venne linciato dagli abitanti del circondario, irritati dal suo sordido atto. Lo seppellirono poi vicino al monumento che aveva saccheggiato (13).

Questa storia conferma che, non solo sarebbe stato possibile distruggere le vestigia archeologiche, ma anche che la popolazione locale non permetteva che si vandalizzasse impunemente il patrimonio storico.

Oltre a Abd Al-Latif e ad Al-Makrizi, anche altri storici arabi si sono interessati ai tesori dell’archeologia egiziana e ne hanno fornito dettagliate e meravigliate descrizioni. Citiamo, a titolo di esempio, Al-Idrissi (morto nel 1251) che ha studiato le piramidi in modo sistematico e ha minuziosamente descritto l’interno della grande piramide, già quattro secoli prima dell’astronomo inglese John Greaves (1602-1652), che la presentò all’Occidente solo nel 1646, nel suo celebre libro “Pyramidographia” (14). E per contraddire i fanatici di Daech, i dinamitardi talibani, i demolitori di Ansar Eddine e i jihadisti della razza di Al-Johary, Al-Idrisi raccontò che non solo i Sahaba (i compagni del profeta Maometto) non hanno demolito i monumenti faraonici, ma amavano addirittura riposare alla loro ombra (15).

Occorre dunque riconoscere che, nel corso dei secoli, l’ombra delle piramidi non ha corrotto l’islamismo dell’Egitto, al contrario. Nel “dono del Nilo” (Egitto, ndt) vi sono attualmente migliaia di moschee e, soprattutto, la più prestigiosa tra le istituzioni accademiche dedicate alle scienze islamiche del mondo, l’università Al-Azhar al Cairo (fondata nel 10° secolo). Tra le tante ed eminenti personalità che hanno studiato in questa venerabile istituzione, è interessante citare il “decano della letteratura araba”, Taha Hussein. Cieco fin dalla tenera età, viene considerato come uno dei più importanti intellettuali arabi del 20° secolo. Dopo essere stato licenziato dall’incarico di decano della Facoltà di Lettere del Cairo, lo riottenne nel 1936, accompagnato trionfalmente al suo ufficio dagli studenti nazionalisti. Contrari al suo ritorno, alcuni studenti islamisti scandivano slogan bellicosi, definendolo “decano cieco”. Egli rispose loro: “Ringrazio Allah per avermi fatto nascere cieco, in questo modo non posso vedere le vostre orribili facce” (16).

Nel febbraio 2013, il memoriale di Taha Hussein venne vandalizzato nella città di Al-Minya, e il suo busto abbattuto. Il misfatto è stato naturalmente attribuito agli islamisti egiziani, che non lo hanno mai amato, nemmeno ai nostri giorni (17).


Il Memoriale di Taha Hussein a Al-Minya

prima



dopo


Dopo avere lottato contro tutte le forze della natura, Gilgamesh si arrese all’evidenza della propria ineluttabile mortalità. Lui che pretendeva di essere come Dio, comprese che per ottenere la gloria eterna, bisognava realizzare grandi opere umane. Così, a forza di cercare l’immortalità, Gilgamesh trovò infine la saggezza.

E’ chiaro che nessun memoriale sarà mai eretto a ricordo dei tagliatori di teste e dei becchini della Storia come Daech e soci perché, al contrario di Gilgamesh alla fine del suo girovagare, essi si sono confinati in recessi dell’umanità, troppo distanti dalla saggezza, dalla verità e dalla sapienza.

Il loro unico contributo sarà probabilmente quello di sostituire alla parola “vandalismo” quella di “daechismo”.

E’ inutile sottolineare che il ”daechismo” non avrebbe però potuto apparire e svilupparsi come un tumore maligno dalla crescita folgorante senza il sostegno, l’aiuto e la connivenza dei paesi occidentali e arabi e dei vicini della Siria e dell’Iraq.

Ma questa è un’altra storia….


Riferimenti:

1-    Jean Massin, « Don Juan », Éditions Complexe, Bruxelles (1993), p. 85

2-    Jacques Poulain, Hans-Jörg Sandkühler, Fathi Triki, « Justice, droit et justification : perspectives transculturelles », Éditions Peter Lang (2010), p.146

3-    Sir Austen Henry Layard, « Discoveries Among the Ruins of Nineveh and Babylon », Édition Harper & brothers (1871), p.167

4-    Philippe Menard, « Marco Polo, Le Devisement du Monde », Tomo 1, Librairie Droz (2001), p.197

5-    FSTC Limited, « Ziryab, the Musician, Astronomer, Fashion Designer and Gastronome», Muslim Heritage,
http://www.muslimheritage.com/article/ziryab-musician-astronomer-fashion-designer-and-gastronome

6-    Nasma Réda, « Le patrimoine irakien crie au secours », Al-Ahram Hebdo, 13 agosto 2014, http://hebdo.ahram.org.eg/NewsContent/1037/32/97/6601/Le-patrimoine-iraqien-crie-au-secours.aspx

7-    Le Monde, «Mali : les islamistes rasent trois mausolées près de Tombouctou», 18 ottobre 2012, http://www.lemonde.fr/afrique/article/2012/10/18/mali-nouvelle-destruction-de-mausolees-par-les-islamistes-a-tombouctou_1777726_3212.html

8-    Cavan Sieczkowski, « Murgan Salem al-Gohary, Egyptian Jihadist, Wants Pyramids And Sphinx Destroyed », The Huffington Post , 13 novembre 2012, http://www.huffingtonpost.com/2012/11/13/pyramids-sphinx-destruction-murgan-salem-al-gohary-egyptian-jihadist_n_2121446.html?utm_hp_ref=religion

9-    Giza Pyramid, « A Picture Tour of the Great Pyramid of Giza », http://www.gizapyramid.com/newtour2.htm

10-    Abd Al-Latif Al-Baghdadi, « Relation de l’Égypte », Traduction française, Imprimerie impériale, Paris (1810), pp.179-180

11-    Okasha El Daly, « Egyptology: The Missing Millennium: Ancient Egypt in Medieval Arabic Writings », Éditions Routledge (2004), p. 10

12-    Al-Makrizi, « Description topographique et historique de l’Égypte », Traduction française, Éditions Ernest Leroux, Paris (1895), pp.352-353

13-    Ulrich Haarmann, « Regional Sentiment in Medieval Islamic Egypt », The University of London's Bulletin of the School of Oriental and African Studies (BSOAS), vol.43 (1980) p.55-66, http://journals.cambridge.org/action/displayAbstract?fromPage=online&aid=4120372

14-    Peter J. Ucko et T. C. Champion, « The Wisdom of Egypt: Changing Visions Through the Ages », Éditions Cavendish, Londres (2003), pp. 44-45

15-    Caleb Heart Iyer Elfenbein, « Differentiating Islam: Colonialism, Sayyid Qutb, and Religious Transformation in Modern Egypt », Éditions ProQuest, Ann Harbor (2008), p.126

16-    Djaber Asfour, « Un feuilleton qui mérite le respect (2) », Al-Ahram, 19 settembre 2011, http://digital.ahram.org.eg/articles.aspx?Serial=639076&eid=444

17-    Nevine El-Aref, « Is nothing sacred now? », Al-Ahram Weekly, 21 febbraio 2013, http://weekly.ahram.org.eg/News/1533/17/Is-nothing-sacred-now-.aspx

 

 


Fonte: OSSIN

Cet article en version originale française: Daech et la légende de Gilgamesh


 

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